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A privada que toca o
hino foi criação de dois artistas italianos |
Christian Fraser
De Roma
Uma privada com uma descarga que funciona ao
ritmo do hino nacional italiano foi confiscada pela polícia no
norte da Itália, gerando um grande debate nacional sobre
patriotismo.
O vaso sanitário em questão era a
criação de dois artistas locais e estava em exposição no Museu de
Arte Moderna de Bolzano.
Os promotores dizem que o hino
Fratelli d’Italia é um símbolo nacional que deveria estar protegido
e que nunca deveria ser alvo de ridicularização.
Um julgamento
sobre o caso deve ocorrer ainda nesta semana.
Quem é dono do hino nacional? É
anti-patriótico tocá-lo em um contexto no qual ele poderia ser
ridicularizado? Estas são as questões em debate no tribunal de
Bolzano.
Valor patriótico
Os advogados de defesa do museu
argumentam que, apesar de o hino ter um valor patriótico e
sentimental, ele não é um símbolo nacional.
A acusação, por outro lado,
argumenta que o simbolismo de tocar o hino nacional ao ativar a
descarga de uma privada é uma transgressão à nação.
Eles apontam um decreto assinado
neste ano pelo ex-premiê Silvio Berlusconi, que definiu o hino
nacional como um símbolo e propriedade do Estado.
Uma decisão sobre o caso poderá
ser tomada nesta semana. Os italianos saberão então se esse é um
precedente para o futuro ou se o caso desaparecerá tão rápido quanto
uma descarga.
(©
BBC Brasil)
Polemiche e querelle giudiziaria per un'installazione sonora
L'inno d'Italia viene oscurato dal rumore dello sciacquone
Bolzano, Mameli finisce nel water
in tribunale l'opera esposta al Museion
BOLZANO - Mameli oscurato
dai rumori del water. L'inno d'Italia ridotto a sottofondo di uno
sciacquone. Non poteva che scatenare una rovente polemica, l'opera
d'arte di Goldiechiari - alias Eleonora Chiari e Sara Goldschmied -
esposta al Bolzano Museion e fatta sequestrare dalla procura della
Repubblica che la considera vilipendio. Le due artiste rischiano da
due a tre anni di carcere.
Il fascicolo è approdato oggi al tribunale del riesame del capoluogo
altoatesino e il giudice, dopo aver ascoltato l'installazione delle
due artiste, si è riservato di decidere nei prossimi giorni.
L'opera d'arte sonora - che fino a qualche giorno fa troneggiava nel
foyer del museo e veniva attivata da una fotocellula ogniqualvota un
visitatore entrava dalla porta principale - oppone due schieramenti
che, a Bolzano, si affrontano con une certa veemenza. Chi a favore e
chi contro lo scrosciare del water.
Il presidente del Museion Alois Lageder - che ha presentato una
richiesta di annullamento del decreto di sequestro dell'opera d'arte
- grida alla censura e, attraverso il legale dell'istituzione,
Roland Riz, fa sapere che alla fine, la storia "ci darà ragione.
Perchè l'inno, che ha indubbiamente una sua valenza patriottica e
sentimentale, non è mai riuscito ad essere ufficializzato quale
emblema dello Stato".
Insomma, Mameli non è mica il tricolore, sostiene l'uomo di cultura.
Tesi, questa, invece, sostenuta dai dirigenti locali di An e poi
sposata a spada tratta dal pm Donatella Marchesini. Secondo la quale
l'inno è proprio paragonabile alla bandiera italiana. A riprova il
magistrato ha depositato oggi una decina di discorsi dell'allora
presidente Ciampi, nei quali l'inno viene accostato, in qualità di
emblema dello Stato, al tricolore. Non paga, la pm Marchesini ha
anche ricordato un articolo di un decreto del governo Berlusconi del
2006, in cui l'inno viene definito "emblema dello Stato".
Alla notizia del sequestro
Alleanza Nazionale ha gridato alla vittoria sfoderando una difesa
dell'inno degna del più alto amor patrio. Dichiarava infatti il
consigliere provinciale Alessandro Urzì: "Mascherare tutto dietro il
concetto di arte è troppo semplice. Se - facendo un esempio estremo
- su un quadro io riproducessi il campo di concentramento di
Auschwitz e sopra ci scrivessi qualcosa tipo "viva!", è chiaro che
quella rappresentazione non rispetterebbe la legalità. In tutti i
paesi civili ci sono dei paletti da rispettare, e oltre non si può
andare".
Ribatte Letizia Ragaglia, curatrice del museo: "L'arte è sempre
stata oggetto di critiche e censure, come accadde all'urinatoio di
Marcel Duchamp, o alle opere di Manet che oggi ammiriamo nei musei.
Anche Filippo Tomaso Marinetti inneggiava alla guerra, ma oggi lo
ritroviamo sui libri di scuola...". Il tribunale offrirà la verità
giudiziaria. Per quella storica bisognerà attendere.
(©
La Repubblica)