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Privada que toca o hino nacional causa polêmica na Itália

09/11/2006

A privada que toca o hino foi criação de dois artistas italianos


Uma privada com uma descarga que funciona ao ritmo do hino nacional italiano foi confiscada pela polícia no norte da Itália, gerando um grande debate nacional sobre patriotismo.

O vaso sanitário em questão era a criação de dois artistas locais e estava em exposição no Museu de Arte Moderna de Bolzano.

Os promotores dizem que o hino Fratelli d’Italia é um símbolo nacional que deveria estar protegido e que nunca deveria ser alvo de ridicularização.

Um julgamento sobre o caso deve ocorrer ainda nesta semana.

Quem é dono do hino nacional? É anti-patriótico tocá-lo em um contexto no qual ele poderia ser ridicularizado? Estas são as questões em debate no tribunal de Bolzano.

Valor patriótico

Os advogados de defesa do museu argumentam que, apesar de o hino ter um valor patriótico e sentimental, ele não é um símbolo nacional.

A acusação, por outro lado, argumenta que o simbolismo de tocar o hino nacional ao ativar a descarga de uma privada é uma transgressão à nação.

Eles apontam um decreto assinado neste ano pelo ex-premiê Silvio Berlusconi, que definiu o hino nacional como um símbolo e propriedade do Estado.

Uma decisão sobre o caso poderá ser tomada nesta semana. Os italianos saberão então se esse é um precedente para o futuro ou se o caso desaparecerá tão rápido quanto uma descarga.

(© BBC Brasil)


Polemiche e querelle giudiziaria per un'installazione sonora
L'inno d'Italia viene oscurato dal rumore dello sciacquone

Bolzano, Mameli finisce nel water in tribunale l'opera esposta al Museion

BOLZANO - Mameli oscurato dai rumori del water. L'inno d'Italia ridotto a sottofondo di uno sciacquone. Non poteva che scatenare una rovente polemica, l'opera d'arte di Goldiechiari - alias Eleonora Chiari e Sara Goldschmied - esposta al Bolzano Museion e fatta sequestrare dalla procura della Repubblica che la considera vilipendio. Le due artiste rischiano da due a tre anni di carcere.

Il fascicolo è approdato oggi al tribunale del riesame del capoluogo altoatesino e il giudice, dopo aver ascoltato l'installazione delle due artiste, si è riservato di decidere nei prossimi giorni.

L'opera d'arte sonora - che fino a qualche giorno fa troneggiava nel foyer del museo e veniva attivata da una fotocellula ogniqualvota un visitatore entrava dalla porta principale - oppone due schieramenti che, a Bolzano, si affrontano con une certa veemenza. Chi a favore e chi contro lo scrosciare del water.

Il presidente del Museion Alois Lageder - che ha presentato una richiesta di annullamento del decreto di sequestro dell'opera d'arte - grida alla censura e, attraverso il legale dell'istituzione, Roland Riz, fa sapere che alla fine, la storia "ci darà ragione. Perchè l'inno, che ha indubbiamente una sua valenza patriottica e sentimentale, non è mai riuscito ad essere ufficializzato quale emblema dello Stato".

Insomma, Mameli non è mica il tricolore, sostiene l'uomo di cultura. Tesi, questa, invece, sostenuta dai dirigenti locali di An e poi sposata a spada tratta dal pm Donatella Marchesini. Secondo la quale l'inno è proprio paragonabile alla bandiera italiana. A riprova il magistrato ha depositato oggi una decina di discorsi dell'allora presidente Ciampi, nei quali l'inno viene accostato, in qualità di emblema dello Stato, al tricolore. Non paga, la pm Marchesini ha anche ricordato un articolo di un decreto del governo Berlusconi del 2006, in cui l'inno viene definito "emblema dello Stato".

Alla notizia del sequestro Alleanza Nazionale ha gridato alla vittoria sfoderando una difesa dell'inno degna del più alto amor patrio. Dichiarava infatti il consigliere provinciale Alessandro Urzì: "Mascherare tutto dietro il concetto di arte è troppo semplice. Se - facendo un esempio estremo - su un quadro io riproducessi il campo di concentramento di Auschwitz e sopra ci scrivessi qualcosa tipo "viva!", è chiaro che quella rappresentazione non rispetterebbe la legalità. In tutti i paesi civili ci sono dei paletti da rispettare, e oltre non si può andare".

Ribatte Letizia Ragaglia, curatrice del museo: "L'arte è sempre stata oggetto di critiche e censure, come accadde all'urinatoio di Marcel Duchamp, o alle opere di Manet che oggi ammiriamo nei musei. Anche Filippo Tomaso Marinetti inneggiava alla guerra, ma oggi lo ritroviamo sui libri di scuola...". Il tribunale offrirà la verità giudiziaria. Per quella storica bisognerà attendere.

(© La Repubblica)

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