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Brasileiro disputa Leão de curta-metragem em Veneza

 

O curta "Faça sua Escolha" do brasileiro Paulo Miranda disputa, com 17 filmes de 15 países, o Leão de melhor curta-metragem e o Prix UIP

ANSA

VENEZA, Itália - A 63.ª edição do Festival de Veneza, que acontecerá de 30 de agosto a 9 de setembro, será encerrada com a seleção de "Curtas Curtíssimos" promovida por Stefano Martina.

Foram escolhidos 17 filmes de 15 países - entre 1.100 avaliados por Martina - para disputarem o Leão de melhor curta-metragem e o Prix UIP, reservado ao melhor curta europeu. Dentre os concorrentes está o brasileiro Paulo Miranda, que participará da competição com "Faça sua Escolha".

O curta-metragem "Sekalli sa Meokgo" (Stickfighter), que está fora do concurso, inaugurará a mostra dos "Curtas Curtíssimos" em 7 de setembro.

"Sekalli sa Meokgo" é um filme do diretor sul-africano Teboho Mahlatsi, já vencedor da competição de curtas-metragens em 1999 com "Portrait of a Young Man Drowning" e presente ao Lido também há dois anos com a série "Yizo Yizo".

Este ano, Mahlatsi presidirá o júri do concurso de curtas-metragens, composto também por Francesca Calvelli (responsável por montagem cinematográfica) e pelo diretor russo Aleksey Fedorchenko. O Festival de Veneza é dirigido por Marco Müller e organizado pela Bienal de Veneza, presidida por Davide Croff.

(© Agência Estado)


I titoli e la giuria di Corto Cortissimo

Con la selezione della sezione Corto Cortissimo, curata da Stefano Martina, si completa il programma della 63. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica (30 agosto – 9 settembre), diretta da Marco Müller e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Davide Croff.

Sarà la proiezione fuori concorso di Sekalli sa Meokgo (Stickfighter), il nuovo cortometraggio del regista sudafricano Teboho Mahlatsi, a inaugurare il 7 settembre Corto Cortissimo, la sezione dedicata al “cinema breve” della 63. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Già vincitore della competizione cortometraggi nel ’99 con lo straordinario Portrait of a Young Man Drowning, e presente al Lido anche due anni fa con la serie Yizo Yizo, quest’anno Mahlatsi presiederà la giuria del concorso cortometraggi, composta anche dalla montatrice Francesca Calvelli (fedele collaboratrice di Marco Bellocchio) e dal regista russo Aleksey Fedorchenko, vincitore nel 2005 di Venezia Orizzonti Doc con
Pervye na lune.

 

Diciassette film da quindici paesi, scelti tra i 1.100 (circa 300 in più rispetto allo scorso anno) visionati da Stefano Martina, curatore della Sezione, si disputeranno dunque il Leone per il miglior cortometraggio e il Prix UIP riservato al miglior corto europeo.  

 

Ricognizione approfondita in territori visivi ancora largamente inesplorati o in costante e fluido mutamento, ma anche localizzatore sensibile di tendenze e talenti che anticipano il cinema a venire, mai come quest’anno la selezione di Corto Cortissimo punta sulla pura intuizione e sulla scommessa, schivando il richiamo di nomi noti (pur appagante in termini di una visibilità mediatica che al cortometraggio è altrimenti di solito negata) per giocare esclusivamente sul terreno del rigore formale, dell’emozione folgorante condensata in una manciata di minuti, di una ricerca espressiva magari impetuosa e talvolta perfino poco accomodante, ma mai fine a se stessa. Una marcata molteplicità di stili, generi narrativi, strumentazioni drammaturgiche e background registici (sono comunque ben quattro i film provenienti da scuole di cinema) segna una compagine orientata decisamente sulla fiction, con la sola eccezione di Levelek (Letters), affascinante animazione realizzata con la sabbia da un maestro di questa tecnica come l’ungherese Ferenc Cakó, candidato all’Oscar nel 1994 e premiato a Cannes nell’88.

 

Pur prevalendo i film d’impianto drammatico, per uso del linguaggio o per tema, si fa però apprezzare anche una presenza significativa della commedia raffinata e ironica o paradossale, in grado di raccontare indifferentemente, con pochi tratti essenziali, la Storia, il costume, i comportamenti sociali, con una sensibilità che sa rivelarsi a volte tagliente o corrosiva, altre volte obliquamente metaforica. È il caso di Detektive, in cui il tedesco Andreas Goldstein volge in gelido humour – con effetti esilaranti – la cupa atmosfera di sospetto che avvolgeva la Germania Orientale ai tempi del Muro, come pure del corto malese Adults Only, dove il regista Joon Han Yeo (cresciuto professionalmente in Gran Bretagna, ma cinese di nascita) ritrae con disincantata partecipazione la sua comunità d’origine, e anche della vertiginosa roulette sentimentale che il brasiliano Paulo Miranda mette in scena in Faça sua escolha (Make Your Choice), fino al grottesco incubo neo-espressionista Pharmakon, del greco-cipriota – ma anch’egli formatosi in Inghilterra – Ioakim  Mylonas.

 

Singolari fino all’eccentricità – se non addirittura decisamente controverse – le storie d’amore, giocate a seconda dei casi sul filo della memoria (commovente il franco-cileno Treinta Años di Nicolás Lasnibat, neo-diplomato alla parigina Fémis), su una fatale predestinazione ultraterrena (il sofisticato “fotofilm” tedesco Rien ne va plus di Katja Pratschke e Gusztáv Hámos, già autori del notevole Fremdkörper), su una realtà cruda e disperata fino alla dannazione (Mum del danese Mads Matthiesen, ma anche il cupio dissolvi sentimentale proposto da FIB1477 di Lorenzo Sportiello, allievo del Centro Sperimentale di Cinematografia e unico italiano in concorso), sulla riflessione al tempo stesso esistenziale ed estetica (In the Eye Abides the Heart, debutto nella regia di Mary Sweeney, produttrice e montatrice di molti film di David Lynch), su un realismo appena “spolverato” di magia (Trillizas propaganda dell’argentino Fernando Salem) o, al contrario, sul “fantastico” che con naturalezza dialoga con il reale (Eva reste au placard les nuits de pleine lune del belga Alex Stockman).

A tracciare un ultimo possibile percorso tematico, come sempre del tutto casuale e involontario, in diversi film della selezione emerge infine la figura paterna, che di volta in volta si fa sguardo che guida lo spettatore (il convulso e inquietante j’accuse sulla pedofilia What Does Your Daddy Do? dell’inglese Martin Stitt, ma anche l’altro britannico The Making of Parts di Daniel Elliott, interpretato da un intenso Jerzy Stuhr), personaggio “ingombrante” che invade il racconto fino a impadronirsene con prepotenza (come nell’israeliano Simanei derech/Road Marks di Shimon Shai e in Comment on freine dans une descente? della francese Alix Delaporte), oppure semplice ma determinante pretesto che innesca e accompagna la narrazione fino alla sua maturazione. È il caso, quest’ultimo, del portoghese Um ano mais longo di Marco Martins, un film complesso e stratificato che, nell’arco dei tre giorni precedenti il capodanno cinese, fa vibrare la silenziosa sinfonia di una città (Lisbona) e dei suoi mutamenti nel tempo, rispecchiandola nelle emozioni e nei ricordi del protagonista, tornato al capezzale del padre morente. Un film in cui, a ben guardare, non si fa troppa fatica a riconoscere in trasparenza il contributo poetico di Tonino Guerra, co-autore della sceneggiatura.

(© La Biennale di Venezia)


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