Personaggio con gravi responsabilità è Rocco Migliardi, di Messina, che aveva interessi nella gestione delle macchinette videopoker. Il passaggio che gli inquirenti hanno compiuto è quello che mette in relazione gli affari di Migliardi con quelli di Achille De Luca, un consulente aziendale, vecchia conoscenza di Vittorio Emanuele. De Luca era presente anche il giorno in cui l'erede di casa Savoia fece ritorno in Italia e fu fotografato tra il suo entourage.

In base al capo d'imputazione Vittorio Emanuele avrebbe chiamato Bonazza per risolvere i problemi che Migliardi aveva per la concessione dai Monopoli dello Stato dell'autorizzazione per fare affari con i videopoker. In forza dell'intercessione di Vittorio Emanuele, Bonazza avrebbe contattato De Luca il quale si sarebbe subito messo a disposizione di Migliardi. Migliardi avrebbe dato a De Luca circa ventimila euro per corrompere funzionari dei monopoli dello Stato al fine di far passare 'gli esami' a Migliardi.

Vittorio Emanuele di Savoia, Rocco Migliardi, Ugo Bonazza, Gian Nicolino Narducci sono i "promotori" e gli "organizzatori". Achille De Luca, compartecipa all'associazione. Il gruppo - secondo il gip di Potenza - dà vita a una unitaria "holding del malaffare", impegnata "nel settore del gioco d'azzardo fuori legge, in particolare attiva nel così detto 'mercato illegale dei nulla osta', procurati e rilasciati dai Monopoli di Stato attraverso il sistematico ricorso allo strumento della corruzione e del falso, 'nulla osta' distribuiti, tra l'altro, a Potenza e in Basilicata per il tramite della potente famiglia Tancredi (legatissima a Rocco Migliardi), vero e proprio punto di riferimento del predetto settore del 'gioco d'azzardo' in territorio lucano; dedita altresì alla realizzazione di operazioni di riciclaggio di danari provenienti da attività illecite effettuate tramite l'instaurazione di relazioni con Casinò autorizzati e in particolare con quello di Campione d'Italia, con il quale Migliardi, Bonazza e il principe Savoia - previa intesa illecita con il sindaco di Campione - instauravano uno stabile rapporto impegandosi Migliardi a portare presso il Casinò i 'personaggi siciliani'". Questa parte dell'affare, organizzato da Savoia e compari, doveva rimanere occulta. Luigi Tancredi - socio in affari di Migliardi - Rocco Tancredi, Massimo Tancredi ed Antonio Ivano Tancredi erano "partecipi" all'organizzazione.

Viene completamente ridisegnata la figura di Vittorio Emanuele alla luce delle intercettazioni contenute nelle 2168 pagine che compongono l'inchiesta di John Henry Woodcock. Una telefonata tra il principe ed il suo assistente, Gian Nicolino Narducci è una offesa per i sardi. Nella conversazione si fa riferimento al guasto occorso ad uno dei motori della barca del principe, il quale ritiene che il lavoro di riparazione sia stato fatto male o non sia stato eseguito affatto, per "derubarci e basta".

I giudizi di Vittorio Emanuele sui sardi sono senza appello: "Puzzano e basta". Gli fa eco il suo Nicolino: "Sono figli di p... deficienti". Ma le infrazioni, il modo di sorpassare la legge, è in tutto il comportamento del principe. Come ad esempio il 3 novembre 2005 per trasportare senza intralci un fucile in Italia, Vittorio di Savoia avrebbe corrotto, con mille euro, un funzionaro della polizia di frontiera, a controllo del Traforo del Monte Bianco.

"Quel pezzo di m... di quella vecchia t... malmestruata". Non usa mezzi termini Vittorio Emanuele di Savoia per definire Giuliana Sgrena, appena dopo che su tv e giornali si riportava della morte di Nicola Calipari, il funzionario del Sismi che aveva portato in salvo la giornalista del Manifesto. In una conversazione al telefono con il fido Gian Nicolino Narducci, il principe eccede nel turpiloquio, "una comunista di m...", tanto che ad un certo punto lo stesso giudice delle indagini preliminari, Alberto Iannuzzi, scrive: "Le parole e il tono utilizzati dal Savoia e dal Narducci appaiono emblematici della loro personalità".