da Efe, em Roma O célebre tenor italiano Giuseppe Di Stefano morreu em Milão aos 86 anos, após quatro anos em coma, informou a agência musical "Studio Musica".
Di Stefano, que nasceu na localidade siciliana de Motta di Santa Anastasia em 24 de julho de 1921, estava em coma desde 7 de dezembro de 2004, devido aos ferimentos causados quatro dias antes por vários assaltantes que invadiram sua casa de Diani (Quênia). Em 23 de dezembro de 2004 foi transferido a um hospital de Milão, onde permanecia internado até agora. O nome de Di Stefano, cuja carreira artística se desenvolveu entre as décadas de 40 e 70, está ligado ao de Maria Callas, com quem cantou em várias ocasiões e com a qual estreou em 1951 em São Paulo. Filho de um sapateiro siciliano, estudou em colégios jesuítas e foi aluno do barítono Montesanto. Estreou em 1946 no nortista Reggio Emilia, onde cantou "Des Grieux", de Jules Massenet. No ano seguinte cantou na Scala di Milano e, em 1948, no Metropolitan de Nova York, com "Rigoletto". Com Maria Callas formou uma das duplas mais famosas do mundo da ópera, com quem apresentou, entre outras, "I Puritani", de Vincenzo Bellini; "Lucia di Lammermoor", de Gaetano Donizetti; "I Pagliacci", de Ruggero Leoncavallo; "Cavalleria Rusticana", de Pietro Mascagni; "La Bohème", e "Tosca" de Giacomo Puccini; "Manon Lescaut (Des Grieux)", de Jules Massenet, ou "Un Ballo in maschera", de Giuseppe Verdi. Também atuou em "Rigoletto", "La Traviata", "Il Trovatore", "Aida" e "La Forza del destino", todas de Verdi. Desta forma, Giuseppe Di Stefano levou ao mercado várias recopilações das mais famosas obras do compositor, sozinho ou com Callas. Colaborou com grandes diretores como Herbert von Karajan (1908-1989) e lotou, além de São Paulo (Brasil), Milão (Itália) e Nova York (Estados Unidos), grandes teatros da Cidade do México (México), Londres (Inglaterra), Viena (Áustria) e Edimburgo (Escócia).
(©
O Globo)
Addio a Giuseppe Di Stefano il più appassionato dei tenori italiani
di LORENZO TOZZI
A poco tempo dalla scomparsa di Luciano Pavarotti il mondo internazionale della lirica è di nuovo in lutto. Ieri è venuto meno Giuseppe Di Stefano, una voce da leggenda, morto all'età di 86 anni nella sua casa vicino Como dopo un coma di diversi mesi a seguito di una aggressione subita a Mombasa in Kenia quattro anni fa durante un tentativo di rapina.Aveva debuttato con Manon di Massenet a Reggio Emilia nel 1946 ed appena ventiseienne nel medesimo ruolo di Des Grieux era già sulle tavole della Scala, Teatro cui legò il suo nome per quasi tre decenni in 26 diversi titoli, 43 produzioni, ben 185 recite (l'ultima volta in Carmen nel 1971). E nel 1948 era già al Metropolitan di New York interpretando il Duca di Mantova nel Rigoletto. Nato vicino Catania nel 1921 da umile famiglia, è subito dopo la guerra che Di Stefano si impone precocemente all'attenzione come una delle voci più belle del secolo, una certo delle più naturali nel pur difficile ruolo tenorile, talora non esente da atteggiamenti sopra le righe. Fu così compagno d'arte e per un certo periodo anche di vita dell' indimenticabile Maria Callas (come dimenticare la leggendaria Traviata scaligera firmata da Visconti e Giulini?) soprattutto negli anni difficili della Divina, in una tardiva tournée scacciacrisi nel lontano Oriente (1973). E' nella Scala che Di Stefano entra nel mito della lirica, cantando accanto a Mafalda Favero, alla Simionato, alla ricordata Callas, alla Tebaldi e sotto la direzione di bacchette blasonate come quelle di von Karajan, De Sabata, Gavazzeni, Bernstein o Giulini. Come dire i capitoli più esaltanti della storia scaligera e della lirica italiana. Nonostante abbia di tanto in tanto affrontato anche il repertorio drammatico o spinto (Tosca o Mefistofele, Turandot o Forza del destino), la sua era una limpida voce di tenore lirico puro dal colore soffice e pastoso. Estensione, morbidezza, smalto ed eguaglianza nell'emissione, dizione perfetta erano le sue doti migliori e ne fecero un interprete popolare molto amato dal pubblico, anche per la sua manifesta generosità umana. La sua voce non era di quelle costruite con gli anni a tavolino, bensì di una emissione proprio del tutto straordinariamente naturale. Il che lo faceva apprezzare per una sorta di semplicità d'animo che rifuggiva il divismo. Ma la sua voce era davvero unica nel colore più che nella potenza, in questo erede di Gigli, Caruso e Schipa. Come molte registrazioni stanno ad attestare. Da oggi la sua voce è entrata a far parte del nutrito coro degli angeli.
(© Il Tempo) |