Um juiz italiano ordenou o julgamento de um soldado americano
pela morte de um agente de inteligência italiano durante o resgate
de uma refém em Bagdá.
O agente Nicola Calipari, de 51 anos, foi morto a
tiros em março de 2005 quando o veículo em que viajava passou por um
posto de controle onde estava Lozano. Ele escoltava a jornalista
italiana Giulliana Sgrena, que havia sido libertada por seqüestradores
no Iraque.
O soldado acusado, o fuzileiro naval Mario Lozano,
deverá ser julgado por assassinato e tentativa de assassinato - uma
acusação pelo agente e outra pela refém no interior do carro -, num caso
que abalou as relações entre Estados Unidos e Itália, que discordam
sobre as ciscunstâncias da morte de Calipari.
O soldado provavelmente será
julgado à revelia depois de ter sido inocentado nas investigações do
Exército americano.
Essas investigações concluíram que os soldados do
posto se assustaram com a velocidade do carro de Calipari, que, segundo
eles, estaria a 80 km/h. De acordo com uma investigação italiana, no
entanto, o veículo estaria entre 40 km/h e 50 km/h.
"Bode expiatório"
Para Rosa Calipari, a viúva do agente, o julgamento
à revelia é "o primeiro passo em um longo caminho rumo à verdade e à
Justiça".
"Nós não queremos fazer Mario Lozano de bode
expiatório, mas queremos descobrir quem foi responsável e ter justiça",
disse Giulliana Sgrena, a jornalista que Calipari escoltava quando foi
morto.
Mas o advogado de Lozano criticou a decisão do
juiz, dizendo que ele não considerou "relevante" o fato de o soldado
estar fazendo o seu trabalho.
Os governos americano e italiano divergem em outros
pontos, além da velocidade do carro.
A Itália publicou um relatório em 2005, atribuindo
o incidente ao estresse e à inexperiência dos soldados e afirmando que
as autoridades americanas deveriam ter sinalizado a aproximação do posto
de controle.
Os italianos dizem ainda que o carro foi atingido
em três rajadas. Foi a terceira, quando o carro estava parando, que
atingiu o agente italiano.
(©
BBC Brasil)
Il giudice ha accolto anche la
richiesta di citare al processo il Dipartimento di difesa
degli Stati Uniti
Carlo Rosso
ROMA
- Al contrario degli Stati uniti, l'Italia non vuole
considerare l'uccisione di Nicola Calipari un "caso
chiuso" e per questo chiede a Washington il rispetto e
l'applicazione del trattato che regolamenta i rapporti tra il
sistema giudiziario italiano e quello americano. Un rispetto che
fino a oggi gli Usa hanno ignorato evitando, ad esempio, di
notificare al marine responsabile della sparatoria, Mario
Lozano, le conclusioni a cui erano giunti e le indagini
svolte dalla procura di Roma.
Il giorno dopo il rinvio a giudizio di Lozano per l'omicidio
volontario di Calipari e il tentato omicidio della giornalista
Giuliana Sgrena e dell'ufficiale del Sismi Andrea
Carpani, è scontro tra il nostro ministero degli esteri e il
Governo americano. Ieri la Farnesina ha detto di attendersi che
Washington attui, «nelle sue clausole», il trattato di mutua
assistenza giudiziaria in atto tra i due Paesi per quanto
riguarda la posizione di Lozano. «L'Italia - ha spiegato il
portavoce del ministro, Pasquale Ferrara - ritiene che il
punto di vista che fu recepito dal rapporto delle commissione
mista sulla morte di Calipari, costituisca un punto di
riferimento». Dopo quel rapporto, le autorità italiane inviarono
una comunicazione formale a quelle americane in cui venivano
indicate le responsabilità di Lozano. «Da parte americana - ha
proseguito Ferrara - si ritenne che tutti gli accertamenti
fossero esauriti nell'indagine e non si dette seguito alla
notifica delle conclusioni raggiunte».
Altra questione è la vicenda giudiziaria che riguarda Lozano,
frutto di un'iniziativa della magistratura. «Siamo di fronte a
un rinvio a giudizio - ha proseguito Ferrara - quindi il
processo si deve ancora svolgere. Di qui vedremo quali saranno
le risultanze».
Intanto, dopo la decisione di rinviare a giudizio Lozano per
omicidio volontario (accogliendo così la tesi della procura che
parla di un delitto politico con l'aggravante di arrecato offesa
allo Stato), ieri il giudice Sante Spinaci ha accolto
anche la richiesta presentato dall'avvocato di Giuliana Sgrena
di citare al processo, come responsabile civile di quanto
accaduto, il Dipartimento di difesa degli Stati uniti. «La
condotta criminosa - ha spiegato Spinaci - è stata posta in
essere da Lozano mentre era in servizio a Baghdad alle
dipendenze della Forza militare statunitense e nel corso di
un'operazione militare svolta per conto della Forza militare».
Tra le persone chiamate a testimoniare al processo che comincerà
il 17 aprile, ci potrebbe essere invece anche l'ex capo del
Sismi Niccolò Pollari. I pm sono ancora indecisi se
convocarlo o meno, visto che la sua testimonianza potrebbe non
risultare determinante a stabilire quanto accadde la notte del 4
marzo 2005, quando Calipari venne ucciso. Sicura invece la
presenza sul banco dei testimoni di Giuliana Sgrena.
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