Um relato clandestino comovedor sobre a exploração de trabalhadores
estrangeiros na região italiana de Puglia ganhou o primeiro lugar do
concurso Prêmio de Jornalistas 2006 «Pela Diversidade. Contra a
Discriminação». O segundo e o terceiro lugares foram conquistados por
artigos publicados respectivamente na Hungria e na Bélgica, tendo o
prêmio especial para jovens jornalistas sido atribuído à participação
finlandesa. Na cerimônia de entrega de prêmios, nesta semana, em
Bruxelas, Vladimír Spidla, Comissário Europeu responsável pelo emprego,
os assuntos sociais e a igualdade de oportunidades, homenageou os
vencedores.
O prêmio é atribuído pela Comissão Européia para distinguir os
jornalistas que, com o seu trabalho, contribuem para uma melhor
compreensão da diversidade e da discriminação. «Os meios de comunicação
social têm um papel fundamental a desempenhar, no que toca à
sensibilização do público relativamente a estas questões importantes.
Não toleraremos qualquer forma de discriminação», afirmou o Comissário
Špidla. «Devemos aplaudir a coragem e a dedicação destes jornalistas.
Elas sublinham a necessidade urgente de continuar o combate pela
diversidade na sociedade.»
O artigo vencedor, «Io, schiavo in Puglia» (Eu, escravo na Puglia) de
Fabrizio Gatti, publicado no semanário L’Espresso, descreve a situação
dos trabalhadores agrícolas imigrantes, sujeitos a condições de trabalho
que o autor descreve como idênticas à escravatura. Gatti fez-se passar
por um trabalhador imigrante e baseou-se numa investigação aprofundada e
numa descrição viva para ilustrar «a situação difícil dos cidadãos de
segunda classe da Europa, que são vítimas de grave discriminação em
razão da sua origem étnica», afirmou o júri.
O segundo lugar foi atribuído ao artigo em linha «A mi cigánylányunk»
(A nossa filha cigana), do húngaro Miklós Hargitai, publicado no
quotidiano Népszabadság Online e que explora as questões complexas
relacionadas com a adopção de crianças de grupos minoritários, neste
caso, ciganas. O terceiro lugar foi atribuído à jornalista belga Petra
Sjouwerman, correspondente do quotidiano De Morgen na Escandinávia, pelo
artigo «Bedrijf werft enkel autisten aan» (Empresa contrata
exclusivamente autistas), sobre a forma como as «diferenças» podem
constituir uma vantagem.
O prêmio especial para jovens jornalistas foi, por seu lado,
atribuído ao artigo «Äidit opettelevat lastensa kieltä» (Mães que
aprendem a língua dos filhos), da finlandesa Henna Helne e publicado na
revista Anna. O artigo transmite uma perspectiva optimista do debate
sobre a integração, ao mesmo tempo que sensibiliza para os problemas da
«discriminação múltipla», neste caso em razão da idade, do sexo e da
origem étnica.
Os vencedores na categoria principal foram seleccionados entre 568
participações provenientes de todos os Estados-Membros, enquanto o
prêmio especial foi seleccionado com base num total de 125 artigos
elegíveis. Os trabalhos foram avaliados por um painel de profissionais
dos meios de comunicação social e por especialistas em questões
relativas à discriminação, tendo em conta a relevância da informação, a
investigação necessária e a originalidade.
A edição de 2007 do Prêmio de Jornalistas da UE foi lançada em
Fevereiro e abrange os artigos publicados entre 1 de Janeiro e 30 de
Setembro de 2007 em qualquer um dos 27 Estados-Membros.
Abaixo, texto publicado no L'Expresso em setembro do ano passado:
Il padrone ha la camicia bianca, i pantaloni neri e le scarpe
impolverate. È pugliese, ma parla pochissimo italiano. Per farsi capire
chiede aiuto al suo guardaspalle, un maghrebino che gli garantisce
l'ordine e la sicurezza nei campi. "Senti un po' cosa vuole questo: se
cerca lavoro, digli che oggi siamo a posto", lo avverte in dialetto e se
ne va su un fuoristrada. Il maghrebino parla un ottimo italiano. Non ha
gradi sulla maglietta sudata. Ma si sente subito che lui qui è il
caporale: "Sei rumeno?". Un mezzo sorriso lo convince. "Ti posso
prendere, ma domani", promette, "ce l'hai un'amica?". "Un'amica?". "Mi
devi portare una tua amica. Per il padrone. Se gliela porti, lui ti fa
lavorare subito. Basta una ragazza qualunque". Il caporale indica una
ventenne e il suo compagno, indaffarati alla cremagliera di un grosso
trattore per la raccolta meccanizzata dei pomodori: "Quei due sono
rumeni come te. Lei col padrone c'è stata". "Ma io sono solo". "Allora
niente lavoro".
Non c'è limite alla vergogna nel triangolo degli schiavi. Il caporale
vuole una ragazza da far violentare dal padrone. Questo è il prezzo
della manodopera nel cuore della Puglia. Un triangolo senza legge che
copre quasi tutta la provincia di Foggia. Da Cerignola a Candela e su,
più a Nord, fin oltre San Severo. Nella regione progressista di Nichi
Vendola. A mezz'ora dalle spiagge del Gargano. Nella terra di Giuseppe
Di Vittorio, eroe delle lotte sindacali e storico segretario della Cgil.
Lungo la via che porta i pellegrini al megasantuario di San Giovanni
Rotondo. Una settimana da infiltrato tra gli schiavi è un viaggio al di
là di ogni disumana previsione. Ma non ci sono alternative per guardare
da vicino l'orrore che gli immigrati devono sopportare.
Sono almeno cinquemila. Forse settemila. Nessuno ha mai fatto un
censimento preciso. Tutti stranieri. Tutti sfruttati in nero. Rumeni con
e senza permesso di soggiorno. Bulgari. Polacchi. E africani. Da
Nigeria, Niger, Mali, Burkina Faso, Uganda, Senegal, Sudan, Eritrea.
Alcuni sono sbarcati da pochi giorni. Sono partiti dalla Libia e sono
venuti qui perché sapevano che qui d'estate si trova lavoro. Inutile
pattugliare le coste, se poi gli imprenditori se ne infischiano delle
norme. Ma da queste parti se ne infischiano anche della Costituzione:
articoli uno, due e tre. E della Dichiarazione universale dei diritti
dell'uomo. Per proteggere i loro affari, agricoltori e proprietari
terrieri hanno coltivato una rete di caporali spietati: italiani, arabi,
europei dell'Est. Alloggiano i loro braccianti in tuguri pericolanti,
dove nemmeno i cani randagi vanno più a dormire. Senza acqua, né luce,
né igiene. Li fanno lavorare dalle sei del mattino alle dieci di sera. E
li pagano, quando pagano, quindici, venti euro al giorno. Chi protesta
viene zittito a colpi di spranga. Qualcuno si è rivolto alla questura di
Foggia. E ha scoperto la legge voluta da Umberto Bossi e Gianfranco
Fini: è stato arrestato o espulso perché non in regola con i permessi di
lavoro. Altri sono scappati. I caporali li hanno cercati tutta notte.
Come nella caccia all'uomo raccontata da Alan Parker nel film
'Mississippi burning'. Qualcuno alla fine è stato raggiunto. Qualcun
altro l'hanno ucciso.
Adesso è la stagione dell'oro rosso: la raccolta dei pomodori. La
provincia di Foggia è il serbatoio di quasi tutte le industrie della
trasformazione di Salerno, Napoli e Caserta. I perini cresciuti qui
diventano pelati in scatola. Diventano passata. E, i meno maturi,
pomodori da insalata. Partono dal triangolo degli schiavi e finiscono
nei piatti di tutta Italia e di mezza Europa. Poi ci sono i pomodori a
grappolo per la pizza. Gli altri ortaggi, come melanzane e peperoni. Tra
poco la vendemmia. Gli imprenditori fanno finta di non sapere. E a fine
raccolto si mettono in coda per incassare le sovvenzioni da Bruxelles.
'L'espresso' ha controllato decine di campi. Non ce n'è uno in regola
con la manodopera stagionale. Ma questa non è soltanto concorrenza
sleale all'Unione europea. Dentro questi orizzonti di ulivi e campagne
vengono tollerati i peggiori crimini contro i diritti umani.
(©
Oriundi)