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Pesquisa: jovens italianos no exterior

12/12/04

 

A sede do Ministério das Relações Exteriores da Itália

   ROMA - Os resultados de uma pesquisa promovida pelo ministério de Relações Exteriores e pelo Conselho Geral dos Italianos no Exterior (CGIE) sobre "Os jovens italianos no Exterior", foi apresentada ontem na Farnesina.

    A população considerada está entre 18 e 35 anos, descendentes da primeira e segunda gerações e neo-imigrantes da nova diáspora italiana que vive em 14 países de quatro continentes: Europa, América, África e Oceania.

    A amostra entrevistada é de 429 jovens, além de responsáveis pelas comunidades italianas, presidentes de associações, comitês, peritos e testemunhas privilegiadas.

    Três os pontos fundamentais da pesquisa: identidade cultural e relação com a tradição migratória; experiência quotidiana: estudo, trabalho, tempo livre, participação política e social; ligação com a Itália.

    Os jovens se apresentam com uma "descontinuidade evidente em relação aos avós-imigrantes" e com três características em comum: a experiência migratória se torna reversível; a passagem da "dupla ausência" para a "dupla presença"; a re-invenção da italianidade.

    Em relação ao primeiro argumento, "do ponto de vista cultural, os jovens no exterior parecem ter assimilado esta mudança: a volta à Pátria-mãe ou a possibilidade de viverem uma experiência em outro país, são hipóteses sempre abertas e possíveis".

    Nas gerações anteriores, ao contrário, "a expatriação concebia-se como um ato extremo e de longo prazo, uma experiência prolongada para realizar o sonho de emancipação da pobreza. Por isso, voltar à Pátria, ou o fato de ter que recomeçar em outro país, constituía um fracasso".

    Quanto ao segundo item, "o imigrante tinha a sensação de uma erradicação dupla: sentia-se longe de casa e um estorvo na nova terra. Hoje, os jovens, mais instruído e tecno-hábeis, são co-presentes do ponto de vista cultural".

    Sobre o terceiro ponto, assiste-se a "uma recriação autônoma das raízes... o seu retroterra (do país de origem para o de adoção) é constantemente rediscutido".

(© ANSA)


Quei giovani seduti su due sedie...

Paola Rinaldi

Presentati oggi alla Farnesina i risultati di un'indagine promossa dal MAE e dal CGIE sui giovani italiani residenti nei cinque continenti

   Roma - Un viaggio planetario per conoscere meglio i giovani italiani cittadini del mondo. Sono stati presentati oggi, alla Farnesina, i risultati di un'indagine promossa dal Ministero degli Affari Esteri italiano - Direzione Generale per gli Italiani all'Estero e le Politiche Migratorie - e dal Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (CGIE) sui giovani italiani residenti nei cinque continenti. Avviato nel 2001 e concluso nel luglio 2004, lo studio è stato realizzato dall'IREF, l'Istituto di Ricerca delle ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiane), e dalla Società Italiana Analisi e Ricerche Economiche e Sociopsicologiche (SIARES).

   All'incontro - cui hanno partecipato il Direttore Generale per gli Italiani all'Estero Adriano Benedetti, il Segretario Generale del CGIE Franco Narducci e il Direttore Generale dell'IREF Marco Livia - è stato snocciolato l'obiettivo principale dell'indagine: quello di analizzare la complessa realtà dei giovani discendenti degli italiani emigrati all'estero e dei neo immigrati, di età compresa tra i 18 e i 35 anni, con particolare attenzione ai percorsi della loro integrazione nelle realtà locali e alla loro partecipazione alla vita politica ed economica dei Paesi ospitanti. Quattro le aree continentali toccate dall'indagine - Europa, America, Africa e Oceania - che ha quindi coinvolto quei Paesi in cui è significativa la presenza di emigrati italiani e dei loro discendenti.

   "Una ricerca opportuna nella sostanza e nei tempi - ha commentato Benedetti in apertura della conferenza stampa di presentazione - che offrirà nuove prospettive per tutte le nuove generazioni".I giovani italiani incontrati all'estero sono i discendenti della prima e seconda generazione e gli epigoni (neo immigrati) della 'nuova' diaspora italiana. Lo scopo principale della ricerca è stato quello di analizzare la specificità culturale e sociale dell'ultimo anello della catena migratoria italiana, tenendo conto delle principali tappe biografiche dell'esperienza giovanile . Nello specifico, sono stati indagati su tre punti fondamentali: identità culturale e rapporto con la tradizione migratoria; esperienza quotidiana: studio, lavoro, tempo libero, partecipazione politica e sociale; legame con l'Italia .

   Dalla disamina di questi tre punti si è cercato di costruire quale sia il significato che oggi i giovani italiani all'estero attribuiscono alla propria origine, quali siano le loro aspirazioni future e, anche, le loro preoccupazioni attuali. In definitiva, è stata compiuta una sorta di immersione nel loro vissuto, cogliendone le opinioni, le percezioni e le spinte emotive. L'intero studio è stato realizzato secondo una metodologia qualitativa: ciò significa che lo strumento privilegiato è stato quello dell'intervista, attraverso la quale i giovani hanno avuto la possibilità di raccontare la loro esperienza personale mentre il ricercatore ha agito come un testimone fedele delle loro narrazioni.

   "Negli ultimi vent'anni - ha spiegato il presidente del Comitato Scientifico della Ricerca per il CGIE, Padre Graziano Tassello - non erano mai state condotte ricerche sociologiche di questo tipo legate all'emigrazione italiana e questo studio rompe un silenzio diventato troppo lungo e pesante". Per farlo, i ricercatori hanno dialogato con i diretti protagonisti non solo nei Paesi che hanno costituito le mete classiche dell'epopea migratoria italiana, ma anche in quelli più piccoli.

   Lo studio si è basato su quattro principali fonti informative: analisi secondaria (studi e ricerche sul fenomeno migratorio, dati statistici, leggi, materiale grigio, altre testimonianze); interviste non dirette con un panel rappresentativo (i giovani intervistati sono 429); altre fonti dirette (interviste con i responsabili della comunità italiana - presidenti di associazioni, Comites - o colloqui con esperti e testimoni privilegiati; focus group e biografie di vita e storie familiari.

   Il principale contributo della ricerca è quello di aver approfondito la condizione giovanile nei singoli contesti nazionali. Ciascuno dei rapporti è una monografia a se stante e in ognuno dei Paesi analizzati si osservano elementi distintivi. Le diverse realtà nazionali, insomma, non sono riconducibili ad un unico quadro unitario, ma tengono conto delle singole realtà nazionali in cui risiedono i giovani. Al di là delle specificità nazionali, comunque, la ricerca ha fatto emergere alcuni aspetti comuni tra i giovani.

   Rispetto agli emigranti del dopoguerra, i giovani si presentano come un gruppo di coetanei che esprime una visione del mondo originale dalla quale emerge una discontinuità abbastanza netta rispetto agli avi-emigrati. E tre sono i processi che li uniscono: l'esperienza migratoria diventa reversibile; il passaggio dalla 'doppia assenza' alla 'doppia presenza', la re-invenzione dell'italianità. "Mentre per le prime generazioni questa ricerca rappresenta una riscoperta dei loro figli - aggiunge Tassello - per i giovani si tratta di disegnare una nuova società. Non sono più individui seduti su due sedie in maniera scomoda e conflittuale, ma persone perfettamente inserite nel nuovo contesto globale ".

   Perché reversibile? Oggi, le distanze tra i Paesi si accorciano, ponendo l'emigrato (e i suoi discendenti) di fronte a una condizione duratura di transitorietà: si può sempre cambiare meta, qualora si presenti l'occasione o si subisca un improvviso rovescio del destino. Anche in passato si poteva pensare al ritorno nel Paese d'origine o a un nuovo trasferimento all'estero, ma questo mutamento di rotta avveniva in presenza di oneri economici più pesanti e, soprattutto, aveva conseguenze penalizzanti in termini di autostima personale. Ora, il nomadismo acquisisce un significato positivo, diventando sinonimo di espressività e di autonomia. Dal punto di vista culturale, i giovani italiani oltreconfine sembrano aver assimilato questo cambiamento: il rientro nella madre patria o la possibilità di fare un'esperienza in un altro Paese sono ipotesi sempre aperte e percorribili. La reversibilità dei progetti di vita è un tratto costitutivo dei giovani.

   E cosa significa il passaggio dalla 'doppia assenza' alla 'doppia presenza'? Le emigrazioni del dopoguerra erano caratterizzate da quella che un sociologo algerino ha definito la 'doppia assenza', ovvero l'emigrante aveva la sensazione di un doppio sradicamento: si sentiva lontano dalla terra d'origine e 'ingombrante' nella terra d'arrivo. Oggi, questa sensazione di spaesamento non emerge più: i giovani, grazie anche al loro maggiore livello di istruzione, non sono "compresenti dal punto di vista culturale".

   Terzo punto, quella che si può definire una 'reinvenzione' dell'italianità. I giovani italiani all'estero sono riflessivi rispetto alla tradizione da cui provengono. Il loro rapporto con le origini, infatti, somiglia a una 'revisione del retaggio', ovvero una re-invenzione autonoma che investe la sfera cognitiva e la dimensione comportamentale. Ciò significa che il loro retroterra (del Paese d'origine e di quello d'adozione) viene costantemente rimesso in discussione.

   Dalla ricerca si delinea, inoltre, una tendenza comune: la scarsa partecipazione dei giovani nei circuiti associativi delle comunità italiane all'estero (ad esempio nelle associazioni regionali e in quelle di promozione sociale). Le motivazioni sono risultate abbastanza evidenti: gli enti associativi soono luoghi, ritagliati attorno all'esigenza delle generazioni passate, di condivisione dell'esperienza di sradicamento: in essi si ravviva la memoria dei sacrifici fatti dagli avi e si risponde alla nostalgia con la rievocazione delle sagre paesane e con gli anniversari dei santi Patroni. Un meccanismo di aggregazione che non fa leva sui giovani.

   I suggerimenti per ravvivare questi meccanismi e rinfrescare la partecipazione sembrano in definitiva essere: far sì che le associazioni sostengano i giovani nella sfera occupazionale; i sodalizi dovrebbero proporre nuove iniziative culturali, tenendo conto che oggi i giovani vogliono tenersi informati sulle questioni di attualità del loro Paese d'origine e sulle tendenze recenti della cultura locale.

   Risultato finale, come spiega Cristiano Caltabiano per l'IREF, sono "14 monografie nazionali che intendono costituire materiale vivo capace di stimolare un nuovo e rinnovato dibattito fra gli italiani all'estero". Interssante anche la fisionomia dei neo immigrati, ovvero di quei giovani che partono oggi. Oltre alla fuga dei cervelli, esiste una miriade di vicissitudini e di scelte che spingono le nuove generazioni di italiani a trasferirsi in realtà dove le prospettive occupazionali non sono tali da presupporre una vita interamente consacrata alla carriera. "Ricordo un caso in particolare - racconta Caltabiano - Quello di un giovane che, dopo essere rientrato in Italia, decide di far ritorno in Argentina, dove era nato, per diventare costruttore di un ponte culturale tra i due Paesi, in particolare attraverso il teatro".

(© News ITALIA PRESS)

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