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Roberto Benigni no
set do seu novo filme |
PETER POPHAM
DO "THE INDEPENDENT", EM ROMA
O comediante italiano que recebeu um Oscar por seu filme "A Vida É
Bela", comédia ambientada num campo de concentração nazista, segue no
mesmo rumo, desta vez com uma farsa sentimental sobre a Guerra no
Iraque.
Roberto Benigni ficou mundialmente conhecido em 1997 com a comédia sobre
o Holocausto que dirigiu e estrelou. A história envolvia um judeu
italiano e seu filho pequeno que são enviados a um campo de concentração
nazista, e os esforços do pai para não deixar que o filho se desse conta
do que acontecia aos prisioneiros.
O cineasta agora está prestes a superar-se, com "The Tiger and the Snow"
(O Tigre e a Neve), sobre um poeta apaixonado que se vê no Iraque por
acaso no momento em que a invasão do ano passado está começando. Mais
uma vez Benigni dirige o filme e é o ator principal. De novo sua mulher,
Nicoletta Braschi, é sua amada no filme. As filmagens das cenas
italianas terminaram recentemente, no centro de Roma, e as do Iraque
serão rodadas em breve numa parte isolada da Sardenha.
"A guerra está na raiz do filme, que possui o sabor de uma comédia
agridoce", disse Benigni ao jornal "Il Messaggero". Ele comentou que
concebeu a idéia dois anos atrás. "Eu não evitei certos momentos
dramáticos. O filme transmite todas as emoções do mundo e passa um
sentimento de morte que não pode ser evitado."
O sentimentalismo não é algo que mete medo em Benigni, e tudo indica que
"The Tiger and the Snow" não vai fugir de seu estilo. "Quando somos
atirados para dentro do inferno descobrimos como abrir asas e voar",
disse.
Sobre a dificuldade de filmar uma história ambientada numa guerra ainda
em curso, respondeu: "Obedeci ao instinto da vida e não tive medo. Há
[no filme] referências precisas às grandes potências do mundo, e minha
intenção é fazer uma espécie de épico." A respeito do herói poeta do
filme, Attilio de Giovanni, sob as bombas em Bagdá, disse: "O sonho e o
convite ao sonho constituem os emblemas da vida. O artista, no caso,
luta com palavras."
"Todo mundo deve fazer o que é chamado a fazer. As abóboras cultivadas
por meu pai eram sua resposta ao mal. Meu poeta não é nem Dante nem
Ariosto; não conhece nem uma palavra de árabe. Ele encarna a raça
humana. Seu melhor amigo é Fuad, poeta árabe. Também vamos falar da
maravilhosa cultura árabe, que lembra o céu estrelado."
"The Tiger and the Snow" tem estréia prevista para 2005.
(Tradução de Clara Allain)
(©
Folha de S. Paulo)
Benigni: nel mio Iraq vedrete i potenti della terra
«Giro una commedia sui nostri tempi. Nessun cinismo»
Il regista apre il set de «La tigre e la neve», storia di un poeta
coinvolto nel conflitto
Valerio
Cappelli
ROMA - La
scena è quella del primo incontro tra Roberto Benigni e
Nicoletta Braschi. Il luogo è la cavea del nuovo Auditorium. Si apre
per la prima volta il set blindato del nuovo film di Benigni, La tigre
e la neve . Il folletto toscano è circondato dalla banda dei
carabinieri che intona un motivo di Nicola Piovani. Lui, nel film che
ha scritto con Vincenzo Cerami, sullo sfondo dell’Iraq in fiamme fa il
poeta ed è innamorato degli aggettivi e degli avverbi, ma ancora di
più di una donna, Nicoletta, che non lo ricambia proprio. Sua moglie
popola ancora una volta, dalla vita ai ciak, i suoi sogni. Un
giornalista azzarda: «Domanda paradossale, ha mai pensato a una storia
in cui, per una volta, è lei e non Nicoletta a rifiutarsi?». Benigni
pronto: «Risposta paradossale, no, non mi è mai venuto in mente, non
ci penso proprio, non riesco a immaginarmi le scene».
L’uscita è prevista nel dicembre 2005. Nicoletta Braschi, coinvolta
anche come produttrice, dice che «c’è molta attesa e ringrazio tutti i
distributori italiani che ci vorrebbero, a qualcuno dovremo dare un
dispiacere».
Il film è
imperniato sul protagonista, il poeta Attilio. «È uno - dice
Benigni - che in un granello di sabbia vede un’esplosione di vita. Non
è proprio l’Ariosto, è un poeta come me, alla Benigni, uno che sguazza
sui versi, nuota nelle terzine, si tuffa sulle ottave. E può
incantarsi a vedere un sasso per venti minuti». In che modo la guerra
dell’Iraq irrompa nella narrazione non è dato sapere, l’attore-regista
non vuol scoprire le carte, si limita a dire che avviene «per un caso
fortuito». Si procede sulla falsariga de La vita è bella , ridendo su
un fondale tragico: lì i lager nazisti, qua la guerra di Bagdad.
Armato della nuda poesia, il suo poeta non conosce niente di quelle
terre, non c’era mai stato, i dromedari li ha visti solo allo zoo: «E
finisce in una situazione che lo sommerge. È una grande commedia sui
nostri tempi».
Tirar fuori
la poesia nella tragedia del nazismo o dell’Iraq... «È la cosa
più naturale del mondo - interrompe Benigni - proprio in quelle
situazioni che toccano la parte più profonda di noi, quando sentiamo
che stiamo per precipitare, allarghiamo le ali. Nessun massacro serve
a prevenire un altro massacro. La nostra generazione dovrebbe avere il
Nobel per la pace visto che è la prima nella storia che è stata
educata alla pace. Anche se agli uomini, l’abbiamo capito, piace molto
di più la guerra della pace. Ma questa situazione ci ha fatto un
regalo immenso, ci ha ridato le due Simone. All’arrivo della notizia
il set s’è fermato, abbiamo fatto due applausi, uno per ogni Simona,
ci siamo commossi, abbiamo cominciato a parlare doppio: "Come va-come
va, ci piace tanto-ci piace tanto". Quando si sono tolte il velo è
stata una delle immagini più belle, cinematografiche, letterarie,
musicali e anche idrauliche, nella storia dell’umanità. Sembrava la
nascita del firmamento, è stato come vedere una notte stellata».
Nel film ci
saranno, trasfigurati in chiave poetica, anche chi la guerra
l’ha condotta, Bush, Blair, Berlusconi: ci saranno anche loro? «Mamma
mia, accidenti se ci saranno, ma non ci sono i nomi o richiami
diretti, vedremo da vicino tutto quello che accade ai potenti della
Terra in questa situazione». Fino a che punto il film cavalca la
realtà? «Non è certo un documentario ma è tutto, fin dall’inizio del
conflitto, documentatissimo. È due anni che mi ronza in testa questa
storia, non c’è stato nessun cinismo da parte mia per il fatto
d’averla ambientata lì, la guerra è entrata a far parte dei nostri
sogni, ho ubbidito all’istinto dell’amore e della vita». I ciak si
svolgono tra Roma, gli studi di Papigno (dove girò La vita è bella ) e
il Sud della Tunisia, dove ha ricostruito l’Iraq «nel modo più preciso
possibile; la seconda parte è molto spettacolare, ci sarà tutto quello
che ci dev’essere, i soldati americani, inglesi, italiani, la Croce
Rossa... Io non sono mai stato nella mia vita in Iraq, e me ne
dispiace, d’altra parte ho girato così poco fuori dell’Italia». Nel
cast troveremo anche Jean Reno, nei panni del più grande poeta arabo
contemporaneo. «Bisognerebbe conoscerla la cultura araba, e guardarla
con amore, i cieli stellati appartengono a loro, ci hanno
rinvigorito».
Benigni,
cosa si può fare per combattere la guerra? «Si deve fare quello
che siamo stati chiamati a fare, io posso contribuire col cinema, il
mì babbo era contadino e ogni giorno vedeva se le zucchine o i piselli
crescevano bene. La guerra in Iraq ha sconvolto le nostre vite e non
poteva non sconvolgere la storia del film. Anche se avessi girato un
documentario sulle pere mature, questa guerra si sarebbe sentita».
(©
Corriere della Sera)
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